Seconda lettera del direttore dell'Istituto Merazzi Valter allo IOM di Roma, in seguito alle lettere di rigetto

Egr. avv. Claudia Ottolenghi

La ringrazio per le risposte ai quesiti da me posti in data 21 ottobre 2002
Tali risposte forniscono informazioni più precise sulla vostra attività e sui tempi del programma GFLCP anche se ci sono alcune cose sulle quali vi chiedo delle precisazioni:

Cosa intendete per registrazione in forma intera ?
Quali dati registrate ?
In cosa consiste il lavoro di "scannerizzazione" ? Per quale motivo viene fatto dopo lo studio delle schede ? Che garanzie forniscono le macchine di interpretazione di grafie incerte ?
In quali casi una scheda è per voi "dubbia" ?
In che conto viene tenuta la pagina 7 del formulario Oim ?
Come vi comportate nel caso di citazione di testimoni ?

Mi si permettano a questo punto alcune considerazioni sulla base del quadro che mi avete fornito con le vostre risposte.

Il numero di coloro che hanno ricevuto la prima tranche d'indennizzo è sostanzialmente lo stesso di giugno (+ 266).
Rispetto a giugno si è concluso in modo negativo il test sulle 11 schede di Imi inviate alla Fondazione.
Mi sembra evidente che questo esito determinerà l'avvio della prossima fase che comporterà il rigetto di 45.000 schede di Imi a partire dal mese di novembre.
Dalla sua risposta si desume che di questi 45.000 casi sono state informatizzati i soli dati anagrafici, oltre alla segnalazione della loro appartenenza alla categoria degli Imi.
La conferma "in linea di massima" della vostra proiezione del giugno 2002 di 2000 casi risarcibili mi porta a concludere che sin qui la procedura seguita è stata quella della individuazione dei soli beneficiari della legge 791, e il successivo avvio di queste schede alla fase di verifica delle possibilità di indennizzo.
Dunque agli Imi resta solo la possibilità di un ricorso entro cento giorni dalla ricezione della lettera di rigetto. Per accedere all'indennizzo dovranno, entro tale periodo, dimostrare di aver subito "condizioni di detenzione particolarmente dure" se deportati in un campo compreso negli elenchi riconosciuti dalla Fondazione e corredare di documenti la loro istanza.

Se questo è il quadro e lei avrà la cortesia di confermarmelo, debbo denunciare che, alla luce di un test recentemente da noi realizzato, questa fase del programma GFLCP risulta gravemente sottostimato.

Sottopongo con urgenza alla vostra attenzione 6 casi documentati di Imi detenuti in campi e fabbriche comprese negli elenchi riconosciuti dalla Fondazione.

Le schede fanno parte del patrimonio di 13.000 internati e deportati italiani che si sono rivolti a noi e alla nostra rete comprendente Istituti storici, enti e associazioni, per essere assistiti in questa difficile partita; i loro nominativi vi sono stati inoltrati in modo informatico, per avviarli al programma GFLCP nel corso dell'anno 2001.
I sei casi appartengono ad un campione di 3000 posizioni da noi informatizzate "in modo completo".
Di ciascuna posizione sono stati registrati i dati relativi all'eventuale reparto di appartenenza se Imi, alla cattura (data, luogo), alla detenzione e al lavoro (lager, località, fabbriche, date, mansioni), alla liberazione (data, luogo). I dati sono stati studiati e registrati in base alle dichiarazioni dei richiedenti; tutti quei casi in cui alle dichiarazioni si accompagnano dei documenti comprovanti sono opportunamente evidenziati.

Sono costretto a segnalare che questi sei casi sono solo una frazione fra quelli che noi abbiamo indicato come "risarcibili" nel nostro database e questo pur rispettando i criteri estremamente restrittivi, destinati ad escludere "genericamente" gli Imi e gli italiani dal risarcimento, che caratterizzano questa legge.
Ad essi si affianca un numero molto maggiore di casi, "potenzialmente risarcibili" con documentazione incompleta o di difficile interpretazione.

Il test si è reso possibile perché è stata cura nel corso del 2002 da parte di quest'Istituto procedere ad un progetto di informatizzazione delle schede che ancora prosegue.
Tale procedura di studio e registrazione dura in media mezz'ora per ogni singola scheda e, nelle estreme condizioni di precarietà economica in cui operiamo, è sostenuto dalla passione e ci sentiamo di dover dire da competenza. Il nostro lavoro poggia sulla volontà di dare alle persone che si sono rivolte a noi l'aiuto migliore possibile, e sulla decisone di dare priorità alla ricerca su un fenomeno così complesso dal punto di vista storico come quello della deportazione e internamento a scopo di lavoro coatto nella Germania nazista.
I risultati del nostro lavoro sono in buona parte consultabili in forma anonima sul nostro sito: www.schiavidihitler.it , dove sono messi a disposizione dei ricercatori.
Nel contempo stiamo raccogliendo testimonianze videoregistrate su standard professionale per approfondire la ricerca e preparare materiale destinato ci auguriamo ad un'ampia diffusione.

Dico costretto a segnalare perché è evidente che se i casi che vi sottoponiamo dovessero passare il vaglio della Fondazione come legittimamente crediamo, verrebbero negati i risultati del test da voi fatto su 11 casi, test del quale ignoriamo i criteri di scelta e le esatte fasi e del quale vi invitiamo a fornire al più presto informazioni in merito.

In questo caso, alla presenza del prossimo avvio della fase di rigetto si verrebbe a configurare una situazione particolarmente grave per gli interessi dei richiedenti, cui resterebbe solo cento giorni per presentare un ricorso.

Alla luce del quadro fornito si desume che l'Oim, che sin qui ha stimato come risarcibile un numero estremamente limitato di casi, (1,5 % circa) non sarebbe in grado in tempi ragionevoli di studiare in modo esauriente le singole posizioni rispetto alla legge tedesca e dunque rispetto alle liste predisposte dalla Fondazione, e questo anche perché solo una frazione minima delle schede (non più dell'1%) è stata informatizzata in modo "intero".

A questo proposito ricordo anche che una prossima lista dovrebbe essere aggiunta alle precedenti entro novembre, e dunque dal punto di vista del metodo solo dopo la definizione completa dei campi è corretta una verifica sulle schede.

Questo vuol anche dire che questa fase del lavoro che compete allo Oim, che dovrebbe precedere l'invio delle schede di rigetto, sarà "scaricata"impropriamente sugli enti di assistenza a cui si rivolgeranno i richiedenti e sulla commissione che giudicherà i ricorsi (Appeals body).

In questi giorni le associazioni e i patronati che partecipano ai lavori del Coordinamento stanno predisponendo una lettera che offre assistenza, nella fase dei ricorsi, lettera sulla quale il nostro Istituto rimane molto scettico, perché ritiene che la fase d'assistenza individualizzata, che sta alla base del nostro test, richieda competenze forti e tempi ben più lunghi per avere buon fine e dunque un'organizzazione del lavoro molto complessa e costosa. Si tratta di una fase nella quale l'opera d'assistenza è diversa da quella messa in campo per indirizzare le schede all'Oim, che è consistita nell'aiuto alla compilazione e nella loro raccolta.
Noi riteniamo che solo dopo una risposta esauriente da parte dell'Oim alla presente sia possibile articolare un progetto d'assistenza adeguato, che in ogni caso dovrà essere successivo al processamento delle schede da parte dell'Oim.

Se l'Oim conferma le procedure e i tempi indicati, sarebbe l'ennesima beffa, per una serie di motivi:

la mancata selezione delle schede comporta "il salto" del primo grado di giudizio che dovrebbe comportare da parte dell'Oim:
- studio individualizzato delle schede
- Confronto con le liste di campi riconosciuti dalla Fondazione
- Avvio delle schede non documentate di richiedenti, che dichiarano di essere stati rinchiusi in campi riconosciuti dalla Fondazione, alle opportune ricerche in Germania.

Il ricorso verrebbe ad assumere il carattere di "nuova domanda", con alcuni aggravi:
- La selezione e la plausibilità delle richieste risarcibili sarebbe tutta sulle spalle degli enti di assistenza, costretti a destreggiarsi fra le liste riconosciute dalla Fondazione.
- Risulterebbe vana la ricerca di documenti in Germania, possibile solo attraverso convenzioni. (non credo fra l'altro che la Commissione per i ricorsi possa attivare la ricerca)
- Risulterebbe notevole l'aggravio di lavoro della Commissione per i ricorsi.

La fase che si apre costringerà i richiedenti a rimettersi in moto a ottanta anni (quelli che non si saranno fatti prendere dallo sconforto) e a rivolgersi agli enti d'assistenza, che poco aiutati, avrebbero tempi strettissimi (presumibilmente a partire dal periodo natalizio) per sostenere la pressione legittima di questi "traditi, disprezzati, dimenticati" e aggiungo io "umiliati.

Resta sullo sfondo di questo quadro desolante la considerazione che resta alle vittime l'onere di fornire le prove della loro tragica vicenda (e questo contrariamente ai principi della giurisprudenza internazionale).

Questo in ogni caso succederà nel prossimo periodo e credo richieda qualche riflessione in più da parte dello Oim e delle associazioni prima di avviare i motori.

Lei concorderà sul fatto che se il quadro che appare ai nostri occhi, che è quello di un numero significativamente più alto di casi risarcibili (dato sorprendente anche per noi e al quale stiamo dedicando molte attenzioni) cambia anche tutto il ragionamento sulla ricerca di documenti presso gli archivi tedeschi e non ci si potrà limitare a sentire Bad Arolsen, ma aprire al più presto, come da sempre richiesto da parte del nostro Istituto, convenzioni mirate con archivi come il "Dienststelle - WASt" che dalle informazioni che abbiamo non si limita a raccogliere solo dati relativi alla "deportazione" negli stalag, ma, sulla scheda tipo, registra i numerosi spostamenti, gli impieghi, ed altre informazioni su questa forza lavoro schiavizzata. Alle schede sono inoltre spesso allegati fascicoli personali.

Il quadro che abbiamo davanti comporta, da parte dell'Oim, una corretta procedura di studio individualizzato, unica garanzia che ci sentiamo di chiedere per riconoscere il diritto e salvaguardare il lavoro degli enti e associazioni che dovrebbero sostenere uno sforzo improbo e che certamente non può cadere su di loro.

Sorvolo su alcune riflessioni che riguardano i civili, un capitolo ancora da scoprire, ma che dalle nostre ricerche potrebbe avere un ulteriore effetto sulla fase del programma dell'Oim.

Mi permetto di biasimare la risposta affrettata alla mia domanda sulla cattiva comunicazione fornita agli italiani dall'Oim, cui il sito ufficiale dell'Oim International ha negato la traduzione delle informazioni. Il rimandare i compiti dell'Oim agli enti che assistono i deportati italiani non mi sembra corretto. Questo è successo al di là d'ogni aspettativa nostra anche in occasione del momento d'informazione attraverso il numero verde dell'Oim che non mi sembra sia stato proprio all'altezza della situazione, costringendo enti e associazioni a svolgere tale compito in sua vece.
Sono portato a credere che questo atteggiamento, ma mi auguro che vorrà essere più esauriente anche su questo punto, sia solo il segnale di una generale sottovalutazione del fenomeno della deportazione degli italiani nella Germania nazista, fenomeno così complesso e ingombrante da aver messo in difficoltà istituzioni ben più grandi dell'Oim.

Forte dell'esperienza maturata nel corso di questi tre anni dal nostro Istituto, credo di dover sottolineare, come sia indispensabile sostenere e sollecitare con più convinzione le competenze storiche che si rendono necessarie in questa difficile e complessa partita giudiziaria e politica, competenze che abbiamo voluto, pur con i nostri limiti, mettere al servizio dei lavoratori coatti italiani nella Germania nazista.

Alla luce di quanto esposto solleciterò il "Coordinamento delle Associazioni storiche, Sindacati e Patronati per il risarcimento delle vittime italiane del nazismo" a richiedere formalmente che il programma di invio delle schede di rigetto sia al momento sospeso.

Mi auguro che lo Iom valuti con attenzione e al più presto la presente e i casi segnalati.
Ritengo inoltre indispensabile un incontro a breve in sede di Coordinamento. Allo scopo chiederò al Coordinatore di inserire la questione nell'ordine del giorno nella riunione prevista per il giorno 26 c.m. Questo naturalmente se è nelle vostre possibilità.
Credo comunque che lo Iom debba al più presto rispondere in modo soddisfacente e questo anche alla luce del ruolo, che personalmente giudico improprio, nella Commissione giudicante le domande per accedere alla legge italiana per il riconoscimento dei deportati italiani, attualmente in discussione al Parlamento.
Vogliate gradire i miei migliori saluti

Como 18 novembre 2002 prof. Valter Merazzi

Direttore Istituto di storia Contemporanea "Pier Amato Perretta"
Rappresentante italiano del Coordinamento delle Associazioni storiche, Sindacati e Patronati per il risarcimento delle vittime italiane del nazismo presso lo Iom di Ginevra.


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