Con le decisioni prese l'11 ottobre dal Kuratorium della Fondazione "Memoria, responsabilità, futuro" di escludere gli Internati militari italiani e i lavoratori civili occidentali dall'indennizzo voluto dalla legge tedesca dell'agosto 2000, si chiude in modo negativo una fase importante della vertenza per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori coatti nella Germania nazista.
Il 16 ottobre lo Iom Italia ha comunicato che " ……il presupposto fondamentale affinché i cittadini dell'Europa occidentale e quindi anche i cittadini italiani, possano accedere all'indennizzo è provare attraverso documenti ufficiali, la permanenza in uno di quei campi di lavoro forzato riconosciuti dalla Fondazione come luoghi in cui vigevano condizioni di vita estremamente dure. Ad un primo esame, il numero dei cittadini italiani che risulterebbero essere stati deportati nei campi indicati dalla Fondazione è estremamente ridotto."
Alla fine di settembre avevano inviato il modulo ufficiale allo Iom oltre 84.000 persone. Si valuta che entro il 31 dicembre 2001, termine ultimo per la presentazione delle domande, arriveranno a 100.000 (compresi oltre tremila residenti all'estero).
Presumibilmente il numero effettivo (esclusi doppi invii, deceduti prima del febbraio '99, deportati in Austria) alla fine sarà intorno ai settantamila, a dimostrare la longevità di una generazione.
Un decimo circa sono civili (ma è una valutazione ancora difficile perchè i civili dopo l'otto settembre '43 vennero costretti al lavoro coatto in molte maniere: dalle selezioni in fabbrica, alle retate per strada, dai rastrellamenti sulla linea del fronte (Campania, basso Lazio, Appennini), a quelli nelle zone partigiane.
Verrà risarcito solo chi potrà dimostrare di essere stato deportato e rinchiuso in un lager individuato attraverso la Gazzetta ufficiale tedesca, una lista di campi prodotta da una commissione creata dal Governo tedesco e che comprende lager per lavoratori dei paesi orientali, un piccolo elenco di lager di fabbrica.
A tutt'oggi la legge dovrebbe dunque risarcire solo chi è finito in un KZ o in un campo di rieducazione al lavoro e quindi non più di un migliaio di italiani.
Come è noto l'Italia ha riconosciuto con la legge 791 un vitalizio a coloro i quali subirono la discriminazione razziale e politica e furono internati in alcuni KZ.
Presumibilmente la legge riconoscerebbe nuovamente solo questa categoria di deportati.
Questo è francamente inaccettabile da un punto di vista morale.
La ricerca storica italiana e tedesca è concorde nel definire drammatiche le condizioni in cui si trovarono gli italiani. La loro situazione si collocava su uno dei gradini più bassi del sistema concentrazionario nazista. Il loro impiego come mano d'opera coatta fu pianificato e rigidamente diretto, non venne lasciata a questi uomini possibilità di scelta, se non quella di tradire il proprio paese.
Comunque la rigidità della legge tedesca non finisce di stupire: la certificazione delle situazioni sarà a carico del richiedente, stante le difficoltà degli archivi tedeschi a collaborare; non è ancora nemmeno certo che la Fondazione riconosca il valore certificante della citata legge 791 !. Ciò ha provocato le proteste formali del segretario dell'Aned, che si è dimesso dalla rappresentanza presso lo Iom.
Cronaca:
L'attività del nostro Istituto su questa vicenda, iniziata nel novembre 1999, prosegue con grande impegno di energie. L'entusiasmo dei collaboratori ci ha permesso di superare le difficoltà, ci ha dato modo di continuare l'assistenza a quanti si sono rivolti a noi, di mantenere i rapporti con gli altri Istituti della rete, di avviare progetti di ricerca storica, di partecipare ai lavori del Coordinamento a Roma.
Il Coordinamento in questi mesi ha condotto una ampia campagna di informazione, assistenza, ricerca storica, sensibilizzazione, questo dietro la spinta determinante dell'Anrp, che ha intrapreso anche una causa giudiziaria.
Il successo della "Giornata della responsabilità" ha portato all'incontro con l'ambasciatore tedesco a Roma, si è così aperto un momento di comunicazione che la diplomazia da sola non aveva creato.
Al Coordinamento è stato comunicato che Il Ministero delle Finanze tedesco aveva incaricato una commissione di storici che avrebbe studiato il problema..
Abbiamo chiesto di sapere chi fossero gli storici e di poterli incontrare.
In verità la commissione non esisteva, l'incaricato era il prof. Tomuschat, docente di diritto internazionale alla università Humboldt di Berlino, già altre volte consulente del governo tedesco, chiamato ad esprimere un parere giuridico sul diritto degli Imi ad accedere al risarcimento.
Il 20 giugno il Ministero delle finanze tedesco comunicava la disponibilità del prof. Tomuschat a incontrare una delegazione di rappresentanti degli italiani.
La delegazione composta da Enzo Orlanducci (ANRP, coordinatore), Maria Rita Saulle (docente di diritto internazionale), Max Giacomini (generale, Anei), Luigi Cajani (storico, docente La Sapienza, Roma, Valter Merazzi (Isc-Como) si è incontrata con Tomuschat a Berlino il 27 giugno
· Vedi comunicato
Nell'incontro è stato sostenuto da parte italiana il diritto al riconoscimento degli Imi in nome del diritto internazionale, della storia, della dignità degli individui.
Nei giorni successivi è stato inviato al prof. Tomuschat un documento di carattere storico-giuridico curato dalla prof. Saulle per il Coordinamento.
· Vedi doc Saulle
Il 19 luglio la Fondazione comunicava lo spostamento del termine per la presentazione delle domande per l'indennizzo al 31 dicembre 2001.
Il 3 agosto il Ministero delle finanze tedesco comunicava che la perizia di Tomushat confermava la clausola di esclusione dei "cosiddetti Internati militari italiani".
Fatto salvo il riconoscimento della responsabilità morale verso gli ex lavoratori forzati da parte della Fondazione, del Governo, del mondo economico e del legislatore, il documento ricordava il principio secondo cui i mezzi a disposizione della Fondazione non erano destinati a qualunque danno di guerra, sottolineava il principio generale in base al quale i prigionieri di guerra non hanno diritto all'indennizzo (obbligo al lavoro)
Il Ministero delle finanze tedesco faceva propria la perizia che giudicava la richiesta degli italiani inaccettabile malgrado le ingiustizie subite, alla luce del diritto internazionale, della convenzione europea dei diritti dell'uomo, del diritto costituzionale tedesco.
Erano indennizzabile comunque gli Imi costretti per motivi razziali (sigh !) a condizioni particolarmente pesanti o rinchiusi per punizione nei campi di concentramento.
Ininfluente dunque il trattamento bestiale, la rapina di vita e di lavoro, il passaggio forzato alla condizione di civili, lo sfruttamento massiccio nelle imprese di guerra, le stesse grandi imprese su cui si fonda l'economia della Germania moderna, per riconoscere a questi schiavi il giusto diritto.
Il messaggio che lancia la Fondazione è: - va bene, gli italiani sono stati trattati in modo indegno, ma questa legge non è stata fatta per loro. E' vero, un simile trattamento è riconosciuto ad altre categorie che si sono trovate in condizioni simili, ma tutto discende da un atto umanitario della repubblica federale verso soggetti mai risarciti -.
Secondo Tomuschat tutte le pendenze tra Italia e Germania, anche relativamente ai singoli cittadini, sono già state risolte da accordi bilaterali o all'interno di trattati più ampi.
Gli Imi, dunque per l'ennesima volta "traditi, disprezzati, dimenticati", da nessuno mai risarciti, eternamente stritolati dalla real-politik.
E' comunque il caso di ricordare che il principio generale che anima la legge riconosce il diritto al risarcimento di prestazioni di lavoro strappate in modo forzoso.
I trattati precedenti non hanno mai riguardato questa forma di indennizzo.
· Vedi parere legale Tomuschat
Il 20 agosto il direttivo della Fondazione, emanava un nuovo documento concordato con il Ministero delle finanze tedesco, che comunicava l'esclusione di fatto dei lavoratori civili provenienti dai paesi occidentali dagli indennizzi.
Il motivo addotto era che solo ai lavoratori civili provenienti dai paesi orientali era stato imposto un regime particolarmente duro.
La possibilità di un indennizzo rimaneva valida, come per gli Imi, solo per quei lavoratori discriminati per motivi razziali e minacciati di sterminio, detenuti in lager riconosciuti dalla Gazzetta ufficiale tedesca e dagli archivi di Bad Arolsen e nei campi di educazione al lavoro. Di fatto con tale decisione, che trovava i suoi presupposti nella perizia di Tomuschat, la Fondazione forzava in senso fortemente restrittivo l'interpretazione della legge.
La decisione aveva naturalmente una conseguenza anche per i lavoratori civili italiani, senza considerare che questi, alla pari degli Imi, scontarono fino in fondo la tragicità della situazione politica italiana. C'è stato chi ha osservato (Ambrosino) che l'esclusione dei lavoratori forzati dei paesi occidentali non riguarda l'Italia. Effettivamente per i nazisti l'Italia era un paese del sud. Collocarla nel campo occidentale rientra nella concezione geopolitica del dopoguerra. Comprendere i civili italiani fra i lavoratori occidentali è dunque una deformazione della storia, anche dal punto di vista delle condizioni di vita e di sfruttamento significa fare l'ennesimo torto alla memoria e alla storia.
Da un punto di vista storiografico questa asserzione trova numerosi riscontri: le forme dell'arruolamento forzato della manodopera civile italiana pur non ancora ricostruito nei suoi molti drammatici aspetti, il trattamento in Germania, condizionato dal disprezzo generalizzato verso gli italiani, la connivenza della Rsi nella politica tedesca di rastrellamento e sfruttamento della manodopera, danno il quadro di una categoria tragicamente senza diritti.
La decisione sui lavoratori civili occidentali provocava tre mozioni con richiesta di incontro al Kuratorium della Fondazione da parte dei delegati allo Stearing group (gruppo di coordinamento dei paesi del "resto del mondo; per l'Italia ha partecipato il prof. Merazzi) presso lo IOM DI Ginevra il 1 ottobre 2001. A tale richiesta non è stato a tutt'oggi ancora risposto.
· Vedi documento
La lettura diretta della perizia portava alle "Osservazioni alla relazione del prof. C. Tomuschat" da parte della prof. Saulle per conto del Coordinamento, secondo cui " Le argomentazioni addotte (…..) risultano spesso contradditorie, arrivando a riconoscere che essi sono stati costretti al lavoro e che (….) non doveva essere lasciata vera libertà di scelta".
La necessità di adibire gli IMI al lavoro forzato, senza retribuzione e senza le garanzie previste dalla convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra del 1929 risulta determinata, riconosce Tomuschat, dall'esigenza di supplire alla mancanza di forza lavoro tedesca impegnata in guerra.
Secondo le osservazioni della Saulle la normativa concernente il diritto bellico viene considerata parte integrante del diritto internazionale consuetudinario e del diritto cogente. Nel caso degli Imi la cosa non è affatto possibile. Inoltre:"…..sorprende l'atteggiamento pietistico (…) di Tomuschat in merito alle pessime condizioni di vita e di lavoro degli IMI, per i quali il termine "Internati", privi di retribuzione, di garanzie, di assistenza sanitaria, ecc. viene riportato al valore di una semplice definizione teorica, priva cioè di conseguenze concrete. Ugualmente sorprendenti viene giudicata l'equiparazione Imi - prigionieri guerra, senza alcun diritto ai sensi dell'atto istitutivo della Fondazione., pur riconoscendo che la loro situazione continuò a restare invariata anche dopo la "civilizzazione".
Così conclude la controperizia della Prof. Saulle:
"Anche ove - per un'ipotesi del tutto astratta - si volesse aderire alla tesi che considera gli Imi prigionieri di guerra, sottoposti a violazione del loro status, si dovrebbe concludere che la violazione delle norme di diritto internazionale umanitario da parte tedesca comporta un obbligo di risarcimento che tutt'ora permane, trattandosi di violazione di norme cogenti.Ciò deve dirsi nonostante l'esistenza di alcuni accordi italo-tedeschi, in relazione al cui significato o portata si rinvia alla Memoria redatta da chi scrive"
(norma cogente: detto di norma che non può essere modificata da accordi privati)
· vedi doc Saulle
Durante la conferenza stampa di Roma del 3 ottobre 2001 a Roma, è stato presentato un libro bianco curato dall'Anrp che contiene la maggior parte dei documenti sin qui citati
Tale libro bianco è stao inviato a tutti i parlamentari allo scopo di riportare l'attenzione del nostro ceto politico su una questione che ancora oggi coinvolge circa centomila persone e avvenimenti così significativi per la storia e la memoria di questo paese.
La Conferenza stampa confermava la scarsa attenzione della stampa italiana alla questione. A parte alcune eccezioni (Guido Ambrosino del Manifesto, Rinascita, il Tg regionale, alcuni giornalisti locali e alcune radio) (per un elenco più preciso chiedere all'Anrp), nessun giornale nazionale e nessun intellettuale o giornalista ha mai preso a cuore la vicenda della deportazione italiana. Anzi spesso ci si è trovati a tamponare un informazione scorretta e superficiale.
Ben diversa la situazione in Germania, dove le forma del dibattito storiografico e sui media dimostra una maggior attenzione dell'opinione pubblica agli aspetti della storia nazionale e all'immagine internazionale della nazione.
Nel corso della Conferenza stampa alla quale ha partecipato Lothar Evers, in cui sono intervenuti Orlanducci, Saulle, Antonio Uda in rappresentanza del sindacato dei Pensionati, è stata annunciata la denuncia da parte di due iscritti all'Anrp di anticostituzionalità della legge per la Fondazione nei paragrafi 10 comma 1, 11 comma 3 e 19, 16 comma 1 e 2. La causa è patrocinata dall'avv. Lau di Firenze.
(Si tratta comunque di una via che si presenta molto lunga.)
L'incontro con il Kuratorium della Fondazione
La richiesta di partecipare alla riunione del Kuratorium del 10 e 11 ottobre 2001 da parte del Coordinamento, si è avvalsa di iniziative diplomatiche informali e si è svolta sotto gli auspici di Lothar Evers del Bundesverband Information und Beratung fur N-S Verfolgte, organizzazione che tutela le vittime tedesche del nazismo, membro del Kuratorium
La presenza della prof. Saulle è stata accettata solo come atto di cortesia. La nostra richiesta di sospendere la decisione sugli Imi e sottoporre ad arbitrato le due perizie è stata votata da 6 membri su 27: il Kuratorium si è dichiarato impossibilitato a prendere una decisione , rimandando a quella presa dal Ministero delle finanze tedesco.
Hanno votato a nostro favore l'Alto Commissariato dell' Onu per i rifugiati (UNHCR), lo Iom, la deputata Ulla Jelpke della PDS, i rappresentanti degli avvocati americani, i rappresentanti della Cecoslovacchia e della Polonia. (dato da confermare)
Alla conferenza stampa di Berlino che ha preceduto l'incontro col Kuratorium, hanno partecipato una decina di giornalisti tedeschi, l'Ansa e Guido Ambrosino del Manifesto.
Hanno parlato: Orlanducci, Saulle, Evers, Montagano, Finati (internati Anrp).
Avrebbe dovuto essere presente lo storico Ulrich Herbert, che non ha potuto partecipare per problemi coi voli. Solo una parte stampa tedesca ha ripreso l'argomento.
· vedi articoli
. Ansa, Giornali tedeschi del 10 e 11.10,
Ambrosino 9.10, 12.10,
15.10, Comunicato
Fondazione, governo tedesco, ministero finanze, Bundestag, Austria
Con le decisioni ratificate l'11 ottobre dal Kuratorium della Fondazione "Memoria, responsabilità, futuro" di escludere gli Internati militari italiani e i lavoratori civili occidentali dall'indennizzo voluto dalla legge tedesca dell'agosto 2000, le imprese e le istituzioni tedesche intendono stringere rapidamente per la conclusione dell'iter esecutivo della legge.
La legge tedesca che ha portato alla creazione di una Fondazione "Memoria, responsabilità, futuro", volta al risarcimento del lavoro coatto estorto dalla Germania nazista. trae origine dalla necessità per le imprese e lo stato tedesco di evitare il pericoloso proliferare di cause collettive intentate davanti ai tribunali americani.
Attraverso di essa le imprese e la società tedesche cercano "definitivamente" di fare i conti con il passato, di "..coprire con un coperchio tombale le responsabilià del nazismo", come dice Ricciotti Lazzero.
La legge ha dato inoltre l'opportunità di aprire crediti politici e diplomatici verso i paesi dell'ex Unione Sovietica e ha goduto fortemente della mediazione americana. In assenza di una qualsiasi voce dall'Italia che rivendicasse un ruolo "storico" alla vicenda degli italiani, che ne facesse "sentire" la specificità. La legge "semplicemente", nelle sue previsioni numeriche, non ha considerato gli italiani, che viceversa, nel loro grande numero, costituiscono uno degli elementi tra i più significativi del lavoro schiavistico della Germania nazista.
Evidentemente la denuncia degli storici tedeschi (vedi Herbert) non è stata presa in considerazione. Tomuschat, la Fondazione, Il Ministero delle Finanze si scusano per la condizione subita dagli italiani dalla Germania nazista, ma accampano motivazioni giuridiche opinabili. E' legittimo chiedersi quanto pesino da parte tedesca giudizi superficiali e fortemente riduzionisti, venati da un disprezzo ancora presente nella società.
La questione è innegabilmente economica. I fondi stanziati sono evidentemente pochi, la loro distribuzione è fortemente influenzata dall'agenda politica.
Solo nel mese di ottobre le industrie tedesche hanno versato dopo molte resistenze gli ultimi soldi alla Fondazione.
La quota dei fondi gestiti dallo Iom, che si occupa dei paesi del resto del mondo e in particolare dei lavoratori coatti provenienti dai paesi occidentali, è sempre stata particolarmente sottostimata. Lo stesso De Winter, responsabile per lo Iom del programma, aveva chiesto un aumento del fondo destinato ai lavoratori occidentali.
La lettera di Jensen, uno dei direttori della Fondazione a De Winter si premurava di indicare nella scarsità delle risorse e nella preoccupazione di non creare precedenti verso i prigionieri sovietici il motivo della forte resistenza a includere gli italiani nel risarcimento.
Ma la sig. Jelpke, deputata della Spd, ricordava come nella discussione sulla formulazione della legge si era parlato della possibile sottostima del numero dei lavoratori occidentali (che non escludeva dunque a priori) e il Bundestag si era impegnato a rifinanziare la legge.
La Jelpke sottolinea che (contrariamente a quanto dichiarato da Tomuschat) si era esplicitamente parlato nel corso del dibattito parlamentare del passaggio a civili dei prigionieri di guerra di lavoratori coatti dei paesi occidentali.
· Vedi doc Jelpke
La decisione di anteporre scelte contabili entra in contraddizione con le finalità della legge per la memoria, la responsabilità futuro. Più che un'occasione persa per chiudere con il passato e riconciliare i popoli d'Europa l'evolversi della vicenda rischia di trasformarsi in un boomerang con possibili conseguenze anche sul perseguimento dei crimini di guerra.
Del resto la Fondazione e la sua formazione sono sempre stati accompagnati da una sorta di diffidenza diffusa, una malessere che si è concentrato di volta in volta sulla figura di Von Lambsdorff, il diplomatico di carriera che ha fabbricato la legge per conto della Germania, la cui famiglia impiegò lavoratori coatti nei terreni di proprietà; sul rappresentante della Degussa, fabbrica che aveva riciclato l'oro strappato dalle bocche e dalle borse degli ebrei d'Europa, chiamato a rappresentare le industrie tedesche nella Fondazione, sugli stipendi dei tre direttori, (250 milioni di lire annui), sulle parcelle degli avvocati americani (vari miliardi di lire) e buon ultimo sullo scandalo degli szloty che aleggiava sulla riunione di Berlino del Kuratorium mentre si parlava di Imi. In breve: è su tutti i giornali tedeschi l'inchiesta della magistratura che coinvolge Jensen, uno dei Direttori della Fondazione, per l'incauto cambio marchi-szloty destinati a indennizzare i lavoratori coatti polacchi, che ha portato alla perdita di un miliardo e trecento milioni di marchi.
Quella della Germania, la stessa scelta fatta dall'Austria, di escludere Imi e lavoratori occidentali è una scelta secca che stravolge il senso della storia ed p offensiva per la dignità degli individui.
Storici
Gli storici che si sono occupati del problema sono concordi nel definire drammatica la condizione in cui si trovarono gli italiani lavoratori coatti per la Germania nazista.
Secondo Gerhard Schreiber autore del libro "I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943 - 1945 Traditi - Disprezzati - Dimenticati" (1° ristampa Roma, Ufficio Storico dell'Esercito, 1997
"La positivistica perizia del professor Tomuschat è fuori dalla realtà storica e dalla realtà della vita degli "schiavi di Hitler.
In verità Tomuschat ed il governo tedesco che si è associato al parere del professore prendono cinicamente in giro le vittime militari italiane dell'inferno
dell'internamento. Mi spiego.
Nel 1940 il regime nazista ha per forza cambiato lo status dei polacchi prigionieri da "prigionieri di guerra" a quello di lavoratori civili. Questi uomini polacchi ricevono - a mio avviso giustamente un indennizzo.
La stessa situazione si ripeté nell'estate 1944 per i prigionieri italiani quando la grande maggioranza degli internati militari dovette forzatamente cambiare il proprio status. Dato questo stato delle cose sarebbe stato obiettivamente giusto e anche necessario concedere alle vittime militari italiane un risarcimento uguale a quello concesso alle vittime militari polacche. Invece il governo tedesco e la "Fondazione Memoria, Responsabilità e Futuro" applicano i risultati della perizia del professor Tomuschat arbitrariamente esclusivamente per gli italiani. Solo questi rimangono, nonostante il forzato cambiamento di status, "prigionieri di guerra" e pertanto - secondo la "legge" della "Fondazione Memoria, Responsabilità e Futuro" - esclusi da qualsiasi risarcimento.
In un comunicato stampa il governo tedesco si rammarica e si scusa nei confronti degli ex Militari internati e del governo di Roma perché impossibilitato, data la summenzionata legge, a seguire la propria volontà morale di risarcire le vittime militari italiani.
Per definire questo comportamento, a mio avviso, basta una sola parola: ipocrisia!"
· Vedi documento
Uhlrich Herbert, autore di "Fremdearbeiter, ", uno dei più stimati storici tedeschi, autore di una ampia ricerca sul lavoro coatto e schiavistico nella Germania nazista, consulente nella elaborazione nella legge, ha inviato al Kuratorium un documento estremamente significativo. La sua presa di posizione ha trovato eco sulla stampa tedesca.
Secondo Herbert…
Il trattamento cui furono costretti gli italiani era fortemente influenzato dal desiderio di odio e vendetta da parte della popolazione che li considerava traditori. Questo si traduceva ad esempio nel cibo in un razioni particolarmente insufficienti, concesse a seconda delle prestazioni e applicata in senso punitivo a tutta l'unità di lavoro
Herbert ricorda come alla Krupp di Rheinhausen un quarto Imi siano morti per le condizioni alimentari, arrivando ad una perdita di peso 9 kg in tre mesi.
Imi e russi costituivano il numero di ammalati e morti più alto tra i diciannove gruppi di prigionieri. Le richieste alle autorità e alle imprese per ottenere miglioramenti nell' alimentazione, tentativi fatti dallo stesso Mussolini non portarono a nulla di fatto.
Malgrado il passaggio a civili furono trattati e nutriti nel modo peggiore.
Secondo Herbert In merito a questo giudizio sulla situazione degli italiani la ricerca storica internazionale è di parere univoco.
Egli ricorda anche che durante il congresso internazionale degli storici a Buchenwald nell'estate del '99, che serviva a preparare le trattative sul risarcimento ai lavoratori forzati era opinione ampiamente condivisa da tutti i partecipanti che tra gli ex lavoratori forzati, dell'Europa occidentale gli Imi furono, dopo gli ebrei e gli internati nei campi di concentramento quelli che ebbero in sorte il destino più terribile, il loro risarcimento venne valutato come particolarmente urgente".
Dopo aver ricordato le innumerevoli occasioni in cui Il regime nazista violò il diritto internazionali, mette alla berlina la Fondazione per le decisioni contradditorie che riconoscono il diritto ai militari polacchi passati a civili e lo nega agli italiani.
Secondo Herbert se le motivazioni addotte da Tomuschat per escludere gli italiani prendessero piede "tutte quelle misure del regime nazista, che oggi devono essere considerate violazione del diritto internazionale, sarebbero da considerare come non valide". Ancora, per Herbert " Questa argomentazione è palesemente insostenibile e anche troppo scorretta perché sia presa come base di una seria discussione".(…).
"In tutta la questione non è tanto da criticare che la somma concordata di dieci miliardi di marchi (…) non è sufficiente per il previsto risarcimento dei lavoratori forzati. Quello che è più in contraddizione con l'obiettivo anninciato dalla legge e dalla fondazione nel loro insieme è se la volontà politica, di non volere dare risarcimenti una volta superata la somma concordata, deve essere nascosta da argomentazioni apparentemente legali".
· Vedi documento
Storia dal basso
In queste ultime settimane si vanno intensificando le richieste di ricerche storiche da parte tedesca. Sono ricerche dal basso, ricerche locali che cercano di documentare per riconoscere il passato e risultano particolarmente interessanti perché dimostrano la capacità della ricerca storica di sfuggire alla burocrazia e all'economia di essere uno strumento contro la sopraffazione. Queste ricerche contribuiscono a creare un senso comune storico.
In alcuni casi possono diventare emblematiche come sta succedendo ad un lavoro di ricerca partito in una città tedesca sui lavoratori coatti alla fabbrica Class che costruiva attrezzi agricoli e armi e che nega di aver mai impiegato lavoratori coatti, men che meno italiani.
Gli spudorati stanno però sbattendo il naso contro la documentazione raccolta da noi in questi mesi e in particolare su alcune memorie e documenti che certificano le responsabilità della Class (Ditta che nel frattempo è molto cresciuta ed ha anche una sede in Italia).
Della cosa si stanno cominciando a interessare i media tedeschi.
In definitiva il terreno della ricerca storica è ancora uno dei più solidi in questa vicenda, anche se bisognerebbe riuscire a informatizzare rapidamente gli elenchi raccolti per opporre documenti inoppugnabili in molti altri casi.
Personalmente ho chiesto a Luigi Cajani se non sia il caso che gli storici preparino una sorta di manifesto sulla questione
Si sta inoltre pensando a un convegno fra lo storico e il giuridico con orizzonte europeo da organizzare in primavera, speriamo a Como, ma per questo servono soldi, e vogliamo pensarci ancora un po' su (da parte nostra continuiamo a lavorare molto con pochissime risorse).
Resta inoltre da definire un progetto serio di ricerca negli archivi tedeschi sulla deportazione e sull'internamento degli italiani nella Germania nazista.
Questo riguarda l'Italia (salvataggio archivi dei distretti militari, dispersione di documenti personali con carattere storico fra vari ministeri italiani a seguito di svariate richieste fatte allo stato italiano.
Per quanto riguarda la Germania la valorizzazione degli archivi della Previdenza sociale, degli archivi dei Land e soprattutto un progetto sul Deutsche Dienstelle di Berlino dove sono raccolte oltre trecentomila schede di Imi con tutti i dati possibili. Relativamente a questo archivio sembrano fermi i contatti iniziati dal passato governo, prima della stessa legge tedesca sui risarcimenti, per il suo recupero. Iniziativa che ha coinvolto credo il Ministero beni culturali, la Difesa e il nostro Nazionale (chiedere a Laurana Layolo)
Aspetti giudiziari:
Abbiamo già detto della denuncia di anticostituzionalità della legge per la Fondazione presentata da due associati dell'Anrp in Germania. Si tratta comunque di una via che si presenta molto lunga.
Possibili cause allo studio:
- apertura denuncia amministrativa a Berlino,
- Titolarità tribunali italiani verso la Germania (Caso Grecia: sequestro Goethe institut),
- corte di giustizia europea.
Sullo sfondo si segnala il rinnovato attivismo degli avvocati americani alla luce del comportamento contradditorio della Fondazione e i malumori che questa va raccogliendo.
Questo potrebbe avere conseguenze anche per noi.
Restano documenti forti i pagamenti effettuati dalla Volkswagen ancora nel dicembre 1998 agli Imi ai quali veniva ricosciuto un indennizzo pari a 10 milioni circa, a testimoniare il senso di responsabilità della azienda di Wolfsburg nel riconoscere i diritti dei lavoratori coatti civili o Imi che fossero
L'altro aspetto sul quale ancora attendiamo una risposta precisa da parte dei sindacati riguardano la possibilità di recuperare i benefici pensionistici e mutualistici comunque versati dalle imprese tedesche per il noleggio di questi lavoratori schiavi. Tali somme risultano ancora in Germania.
Politica Richieste all'Italia
I recenti incontri al Ministero degli esteri sembrano indicare la volontà di una soluzione italiana. Il Ministero degli esteri ha sin qui fornito un assistenza distaccata e mai risolutiva. Non ci si è spinti sin qui oltre l'attenzione formale. Va comunque segnalata l'attenzione personale prestata alla questione da parte di diplomatici italiani.
Una soluzione italiana appare comunque tutta da costruire. Fatta salva la necessità di investire sulla memoria e sulla conoscenza della deportazione italiana, si impone la necessità di un riconoscimento economico che salvaguardi perlomeno i viventi.
Scelte solo di rappresentanza o simboliche rappresenterebbero oggi l'ennesima beffa.
Cogliamo l'occasione per segnalare che la legge tedesca di risarcimento venne sollecitata anche da una Risoluzione Parlamento europeo del 16.01.1986, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea C 36/129 del 17.02.1986 che invitava la società tedesca a chiudere i suoi debiti verso l'Europa.
Il Coordinamento si augura che la prossima visita del Presidente Ciampi, a Berlino in novembre, riesca a portare all'avvio di una trattativa dignitosa con la
Germania.
Richieste alla Germania e all'Austria
Esiste la possibilità di riaprire la partita in Austria e Germania?
Le cause legali riusciranno a portare a risultati giudiziari o politici?
Nei mesi scorsi abbiamo cercato interlocutori politici in Germania (lettera a di Lazzero e Merazzi a V. Beck, luglio 2001) per proporre un accordo che permettesse l'immissione degli italiani in una categoria particolare (come particolare è la loro storia), allo scopo di ritagliare condizioni di risarcimento simboliche ma dignitose e chiudere la partita con una semplificazione delle procedure di accertamento. A questa proposta non è stato mai risposto. Crediamo sia ancora oggi, anche a partire dalla sua praticità e economicità, la soluzione migliore, la base di una possibile discussione con la Germania.
Lo stesso andrebbe fatto con l'Austria.
Una integrazione italiana sarebbe doverosa e sufficiente a determinare una cifra significativa e tale da chiudere una delle pagine più vergognose del dopoguerra.
Denuncie internazionali, campagna di opinione, ricerca storica sono strumenti di medio , lungo periodo, non basteranno a fermare l'incedere del tempo che decima quotidianamente i lavoratori coatti nella Germania nazista. Solo se questi elementi si concilieranno con un'iniziativa politica in grado di mobilitare i governi si riuscirà a chiudere la partita in tempo utile Crediamo che ciò sia possibile solo a partire dalla necessità di costruire un comune orizzonte di valori. Questo desiderio confligge con le logiche economiche delle imprese e con le esigenze della real politik.
Resta fermo il principio, riconosciuto dalla ricerca storica e incarnatosi nelle vicende di queste vittime della guerra e della storia, per cui il furto di vita e di lavoro non è comunque risarcibile, ma pesa e peserà al di là di qualsiasi falsa e pasticciata legge per una fondazione definitasi " memoria, responsabilità, futuro".
Perché lo sfruttamento del lavoro schiavistico oltre ad essere un crimine contro l'umanità delle persone fu una degli elementi strutturali della guerra d'aggressione nazista.
La Germania di oggi sta dando ragione a tutti quelli che ci hanno telefonato in questi mesi, ci hanno scritto che non credevano alla volontà tedesca, come del resto non si aspettavano granché dal loro paese che li aveva sempre dimenticati.
Sta dando ragione a Ricciotti Lazzero, disilluso dalle vicende italiane e nauseato dall'atteggiamento della Germania, paese che pure ammira, dal cui Presidente, malgrado tutto, non ha ancora finito di sperare l'invio di scuse ufficiali e personali a tutti coloro viventi o deceduti prima del febbraio '99 che furono schiavi di Hitler e del suo regime.
Como 6 novembre 2001
Valter Merazzi
(Direttore Istituto di Storia Contemporanea "P.A.Perretta")
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