Non si tratta di un'intervista vera e propria, ma solo del sunto di un colloquio condotto con Gerhard Schreiber.
Frankfurter Rundschau – 15. 08. 2001 – p. 4 Von den Militärinternierten will Berlin heute nichts mehr wissen Oggi Berlino non vuole più sapere nulla degli Internati Militari Historiker Schreiber sieht die Bundesregierung aber auch für frühere italienische Soldaten moralisch in der Pflicht Ma lo storico Schreiber vede una responsabilità morale del Governo federale anche nei confronti degli ex soldati italiani Von Matthias Arning (Frankfurt a. M.)
Die Bundesregierung will unbedingt verhindern, dass der Entschädigungsfonds für ehemalige Zwangsarbeiter Ansprüchen italienischer NS-Opfer nachkommt. Das stößt auf massive Kritik: Die Internationale Organisation für Migration verlangt die Anerkennung von 60 000 Antragstellern der Militärhistoriker Gerhard Schreiber findet die Position zwar juristisch schlüssig, hält sie aber für historisch zweifelhaft. Il Governo federale cerca di evitare ad ogni costo che il fondo di risarcimento per gli ex lavoratori coatti accontenti le richieste delle vittime italiane del nazionalsocialismo. Questo viene duramente criticato. L’Organizzazione per la migrazione chiede il riconoscimento di 60.000 richiedenti. Lo storico militare Gerhard Schreiber considera la posizione giuridicamente logica, ma la ritiene storicamente dubbia. Juristisch betrachtet, sagt Schreiber im Gespräch mit der FR, komme das vom Bundesfinanzministerium bei dem Berliner Völkerrechtler Christian Tomuschat in Auftrag gegebene Gutachten durchaus zu nachvollziehbaren Schlüssen. Für Tomuschat steht außer Frage, dass italienische Militärinternierte bis zum Ende des Zweiten Weltkriegs ihren Status als Kriegsgefangene der deutschen Wehrmacht behalten hätten. Kriegsgefangene schließt das Gesetz zur Entschädigung ehemaliger Zwangsarbeiter von Forderungen ausdrücklich aus. Sie können Tomuschat zufolge nur dann Ansprüche an die zuständige Bundesstiftung richten, wenn sie auch „rassische Verfolgung zu erdulden" hatten. Eine Rechtsauffassung, die die Bundesregierung teilt. Nur „in Einzelfällen" könnten die Opfer mit Leistungen aus dem Entschädigungsfonds rechnen, mit der Expertise begreife Berlin den Streit nunmehr als ausgestanden. In un colloquio con la FR (Frankfurter Rundschau – ndr) Schreiber dichiara che la perizia commissionata dal ministero federale delle Finanze all’esperto di diritto internazionale, il berlinese Christian Tomuschat, giunge a risultati comprensibili dal punto di vista giuridico. Per Tomuschat non vi è dubbio che gli Internati Militari Italiani mantenessero il loro status come prigionieri di guerra della Wehrmacht tedesca sino alla fine della guerra. Ma la legge sul risarcimento degli ex lavoratori coatti esclude espressamente i prigionieri di guerra dagli aventi diritto. Stando a Tomuschat essi possono avanzare delle richieste indirizzate alla competente fondazione federale solo nel caso in cui erano soggetti anche a "persecuzione razziale". Solo "in casi particolari" le vittime possono contare sulle prestazioni del fondo di risarcimento e con la perizia il governo di Berlino considera quindi superata la controversia. Doch es geht in der Kontroverse um juristische wie auch historische Fragen. Im September 1943 unterzeichnete Italien einen Waffenstillstand mit den Alliierten. Die Wehrmacht nahm in den von ihr besetzten Teilen Italiens Soldaten des früheren Bündnispartners gefangen und verpflichtete sie zum Arbeitseinsatz: Aus Soldaten wurden Zwangsarbeiter, weil die Deutschen italienische Mannschaften in einen Zivilstatus versetzten. Das gehört zur historischen Perspektive. Juristisch sieht Tomuschat das ganz anders: Deutschland hatte sich der Genfer Konvention zum Schutz von Kriegsgefangenen angeschlossen, daher konnte nationales Recht - die Überführung in den Zivilstatus - internationale Normen nicht brechen. Ma la controversia riguarda questioni sia giuridiche sia storiche. Nel settembre 1943 l’Italia firmò un armistizio con gli alleati. Nei territori italiani occupati la Wehrmacht fece prigionieri i soldati dell’ex alleato, obbligandoli all’impiego lavorativo. I soldati divennero lavoratori coatti perché i tedeschi passarono le truppe italiane allo status di civili. Questo aspetto rientra nelle considerazioni storiche. Dal punto di vista giuridico Tomuschat assume una posizione completamente diversa: la Germania aveva aderito alla convenzione di Ginevra che tutela i prigionieri di guerra; quindi il diritto nazionale – il passaggio allo status di civili – non poteva violare la normativa internazionale. Daran zweifelt Schreiber nicht. Warum aber, das möchte der Militärhistoriker gerne wissen, habe die Bundesregierung ein solches Gutachten überhaupt in Auftrag gegeben: Schließlich, fügt er an, hätten Rom und Berlin bereits am 2. September 1961 verabredet, dass Italiener keine Ansprüche gegen Deutschland für die Zeit zwischen dem Beginn des Kriegs und dem 8. Mai 1945 anmelden könnten. In dieser Hinsicht sei die juristische Lage der Dinge also bereits seit vier Jahrzehnten geklärt. Um Rechtsansprüche sei es allerdings aus Sicht der Bundesregierung wie der Stiftungsinitiative der deutschen Wirtschaft auch bei den Verhandlungen gar nicht gegangen - die Rede sei vielmehr immer wieder nur von einer „moralischen Verpflichtung". In dieser Hinsicht aber lasse sich nicht „von der Lebenswirklichkeit" der zur Zwangsarbeit eingesetzten früheren italienischen Soldaten absehen, betont Schreiber. Mit dem Gutachten jedoch habe die Bundesregierung „einen Weg gefunden, Entschädigungszahlungen zu vermeiden". Das vermutet auch die Organisation für Migration, die als Partnerorganisation der Bundesstiftung Ansprüche von Opfern aus den Ländern, die nicht an den Verhandlungen beteiligt waren, abwickelt: Finanzielle Gründe dürften für die Auffassung Berlins verantwortlich sein. Schließlich rechnet die Bundesstiftung mit wesentlich mehr Anträgen als geplant. Von den italienischen Militärinternierten, sagt Stiftungssprecherin Beatrice von Weizsäcker, dürften es nach dem Gutachten aber „allenfalls ein paar hundert sein".
Anche Schreiber non ha dubbi a questo proposito. Ciò che lo storico militare chiede invece di sapere è il motivo per il quale il Governo federale ha dato l’incarico di effettuare una tale perizia. Egli osserva infatti che già dal 2 settembre 1961 esiste un accordo tra Roma e Berlino per cui gli italiani non possono avanzare alcuna richiesta nei confronti della Germani per il periodo tra l’inizio della guerra e l’8 maggio 1945. Da questo punto di vista la situazione giuridica era quindi già chiara da oltre quattro decenni. Durante le trattative (per l’istituzione del fondo di risarcimento – ndr) tuttavia, né il Governo federale né l’Iniziativa dell’Industria tedesca per la fondazione avevano posto alcun accento su diritti di ordine giuridico: si è invece parlato sempre e comunque solo di una "responsabilità morale". Sotto questo aspetto, sottolinea Schreiber, non si può prescindere dalle "reali condizioni di vita" degli ex soldati italiani impiegati nel lavoro forzato. Con la perizia il Governo tedesco ha invece "trovato una strada per evitare il pagamento dei risarcimenti". Lo stesso sospetto nutre anche l’Organizzazione per la migrazione la quale tratta, come organizzazione partner della Fondazione federale, le richieste delle vittime di quei paesi che non avevano partecipato alle trattative (per l’istituzione del fondo di risarcimento - ndr): sospetta che a determinare la posizione di Berlino siano stati motivi economici. In fin dei conti la Fondazione federale si aspetta un numero di richieste sensibilmente maggiore rispetto alle aspettative iniziali. Stando al portavoce della Fondazione Beatrice von Weizsäcker, dopo la perizia "solo qualche centinaio" di militari internati potrà accedere al risarcimento. |