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PROFILI
PIER AMATO PERRETTA

Nato a Laurenzana (Potenza) il 24 febbraio 1885, si laureò
in Giurisprudenza presso l'Università di Napoli a soli 21 anni,
a pieni voti con lode e diritto di pubblicazione della tesi su "Gli
indebiti arricchimenti civili". Risultò primo nel concorso
per la Magistratura.
Iniziò la carriera presso la Corte di Cassazione di Roma; divenne
Pretore a Locorotondo (Bari) nei tormentati anni che precedettero la Prima
Guerra Mondiale. Membro dell'Associazione Nazionale Magistrati, ne fu
fecondo collaboratore sino al 1920. Particolarmente significativo il suo
intervento su "Autonomia ed indipendenza della Magistratura"
tenuto al Congresso nazionale del 1913 a Napoli.
Combattente al fronte in tre Reggimenti Bersaglieri, nel 1918 venne inviato
a Valona quale Giudice militare. Fu congedato alla fine del conflitto
raggiungendo, da sergente, il grado di Primo Capitano con promozioni per
meriti speciali.
Trasferitosi presso il Tribunale di Como nei primi mesi del 1921, si dedicò
a studi di carattere economico tenendo conferenze e pubblicando articoli
sulla teoria Hallesista. Giudicò secondo le leggi senza sottomettersi
al volere del nascente Fascismo. Nel 1923 fu estensore di una sentenza
in una causa che vedeva contrapposti i due più importanti gruppi
del Fascismo locale suscitando la reazione della parte soccombente. Successivamente
gli venne affidato il processo che vedeva da un lato i dipendenti del
Sindacato Fascisti, licenziati arbitrariamente, dall'altro l'on. Rossoni,
presidente nazionale dei Sindacati, appoggiato dall'on. Teruzzi, all'epoca
Segretario nazionale del Fascio. Sentenziò a favore dei dipendenti
e condannò l'on. Rossoni, chiedendo inoltre la comparizione in
giudizio del Segretario nazionale del Fascio.
Questi ed altri fatti, alcuni pungenti articoli su "Magistratura",
"La Separazione" di Roma, "Volontà" ed altri
giornali scatenarono le ire dei Fascisti locali e, di riflesso, degli
organi superiori della Magistratura, divenuta in gran parte ossequiante
il nuovo regime.
Per nulla impressionato e idealmente molto vicino al movimento di "Italia
Libera", espresse la sua posizione di giudice indipendente nell'articolo
"Magistrati senza livrea", pubblicato da "Volontà",
la rivista degli ex Combattenti non fascisti, che comprendeva fra gli
altri Ugo Battaglia, Piero Calamandrei, Emilio Lussu, Umberto Canotti
Bianco. L'articolo porta la data del 15 luglio 1924, un mese dopo l'assassinio
del deputato socialista Giacomo Matteotti.
Nel dicembre dello stesso anno, nel corso di un'assemblea di Magistrati
lombardi a Milano, veniva accolto ed approvato un suo Ordine del giorno
a favore della "maggiore autonomia ed effettiva indipendenza"
della funzione dei Magistrati, "non per loro privilegio, ma per massima
comune garanzia".
Ve ne era a sufficienza per provocare la reazione dei Fascisti e di alcuni
avvocati comaschi, in seguito alla quale il Ministro Alfredo Rocco decretò
il trasferimento di Perretta ad altra sede (Lanciano), in spregio alla
norma dell'inamovibilità dei giudici.
A nulla valsero la sua diffida al Ministro né il Ricorso Straordinario
al Re; così Perretta, dopo vent'anni di onorata carriera, preferì
dimettersi dalla Magistratura pur di non sottostare all'arbitrio.
L'anno successivo (1926) subì due arresti, ebbe lo studio professionale
di avvocato distrutto dagli squadristi e fu inviato al confino di polizia.
Non essendovi però sufficienti elementi a suo carico e in conseguenza
dell'impressione che il fatto aveva provocato negli organi giudiziari
non ancora del tutto sottomessi al nuovo regime nonché tra la cittadinanza,
il confino gli venne mutato in ammonizione.
Tutto ciò e neppure l'isolamento in cui lo relegarono alcuni influenti
colleghi del Foro cittadino valsero a farlo deflettere dalla sua intransigente
posizione che aveva assai bene espressa nel Ricorso al Re: "Non sono
fascista né filofascista, e non vi è alcuna probabilità
che lo diventi fino a quando durerà la tutela e la lode della violenza,
fino a quando i nati della stessa terra si chiameranno "dominati"
e "dominatori" e non già soltanto "fratelli".
Lo si troverà quasi sessantenne, nonostante le tragedie familiari
provocate dalla guerra, indomito animatore della Resistenza a Como, poi
combattente a Milano, dove cadde il 15 novembre 1944 per dare alle nuove
generazioni la speranza in un futuro di dignitosa libertà: esprime
bene tale intendimento il pensiero inciso sul Monumento alla Resistenza
Europea di Como, tratto da una lettera indirizzata al figlio Giusto alla
caduta del Fascismo nel 1943: "Questa tremenda esperienza avrà
giovato a qualche cosa? S'impone una rieducazione profonda e costante,
altrimenti nemmeno questa lezione servirà".
ATTO DI DIFFIDA AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA
ALFREDO ROCCO 21.9.1925
Ad istanza del Sig. Pietro Amato Perretta, giudice del Tribunale di Como,
residente in Como, via Torno 66.
Si premette che il 17 agosto c.a. l'istante trasmetteva in via gerarchica,
per la notifica al Ministero, un Ricorso Straordinario al Re, impugnando
il R.D. 25 Giugno 1925, col quale era stato trasferito al Tribunale di
Lanciano, per violazione di Legge, travisamento di potere e manifesta
iniquità; con raccomandata successiva trasmetteva al Ministro -
Divisione Personale - alcune Postille al Discorso.
- O m i s s i s -
Per questi motivi
Ho diffidato il Ministro della Giustizia on. Alfredo Rocco, in tale qualità
ed in persona propria, a non frapporre ostacoli,
con artificiosi pretesti, alla procedura legittima del Ricorso Straordinario
al Re, sperimentato dal giudice Pietro Amato Perretta, contro il R.D.
25.6.1925.
Con l'espressa avvertenza che il ricorso stesso si intende confermato
pienamente nella sostanza e nella forma che in caso di ulteriore ritardo,
sarà chiesta udienza particolare alla Maestà del Re ed il
ricorso verrà comunicato in copia a tutti i Membri del Consiglio
di Stato e ad ogni altra Autorità preposta all'osservazione della
Legge. Con riserva di ogni altra azione amministrativa e civile.
"Io sottoscritto Ufficiale Giudiziario del Tribunale Civile Penale
di Roma ho notificato il suesteso atto al sig. Ministro dalla Giustizia
On. Alfredo Rocco nella qualifica ed in persona propria, consegnando simile
copia nel suddetto suo domicilio a mano dell'impiegato all'uopo incaricato
sig. Carka Framyeo"
Roma 21 settembre 1925
Nota: il Ricorso Straordinario al Re venne stampato e distribuito alla
cittadinanza
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GIUSTO PERRETTA
Nasce a Napoli il 5 luglio 1919; giunge con la famiglia
a Como nel 1921. Diplomatosi perito edile, nel 1938 viene chiamato alle
armi e destinato ad Homas (Tripolitania) nella Divisione "Sirte";
partecipa quale Tenente di artiglieria contraerea con il Gruppo Divisioni
Libiche all'avanzata su Sidi El Barrani. E' catturato nel dicembre del
1940 nel corso della controffensiva inglese e trattenuto quale prigioniero
di guerra in India. Nel 1941 perde il fratello Fortunato, caduto sul fronte
greco-albanese, nel 1944 il padre Pier Amato; l'8 settembre 1943 è
deportato in Germania e internato per due anni l'altro fratello, Lucio,
Tenente dei Granatieri di Sardegna.
Rientrato a Como nel 1946, Perretta svolge l'attività lavorativa
in città, poi a Milano nel settore della Cooperazione come Vice
Presidente della Coop Lombardia dedicandosi nello stesso tempo all'impegno
civile e politico; è Segretario quindi Presidente dell'ANPI e Consigliere
provinciale per una legislatura. Da membro dell'Istituto Lombardo del
Movimento di Liberazione, nel 1977 promuove la fondazione dell'omonimo
Istituto Comasco, del quale ricopre la carica di Direttore fino al 1994,
poi quella di Presidente fino all'aprile del 1997. E' autore di numerosi
studi di storia locale su Resistenza e Cooperazione
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RICCIOTTI LAZZERO
Nasce a Trieste il 1° settembre 1921 e si laurea
in Lingua e Letteratura Straniera moderna a Torino. Sottotenente di fanteria,
partecipa alla campagna di Russia ed è comandante di un caposaldo
sul Don. Rientrato in Italia dopo la disfatta, in seguito agli eventi
del settembre 1943, si associa ai Partigiani piemontesi della VIII Divisione
Autonoma Vallorco e della VI Divisione alpina Giustizia e Libertà
"Mario Costa".
Al termine del conflitto inizia l'attività giornalistica, che pratica
per molti anni presso "La Stampa", "Epoca", "Il
Corriere della Sera", "La Gazzetta Ticinese", con un'attività
decennale di inviato speciale. Ha collaborato nel contempo con riviste
e periodici nazionali, è stato direttore del mensile "La Bora"
di Trieste. E' stato consigliere di Piero Savoretti per la realizzazione
della fabbrica automobilistica di Togliattigrad. E' collaboratore da oltre
40 anni di Simon Wiesenthal. Si è dedicato a intensi studi storici
sulle forze armate della Rsi e sul Partito fascista, sulla deportazione
sfociati in numerose pubblicazioni. In particolare ricordiamo "Il
sacco d'Italia" e "Gli schiavi di Hitler" , punto di partenza
per il suo impegno a livello internazionale in difesa dei diritti dei
lavoratori coatti nella Germania nazista. Dal 1998 è Presidente
dell'Istituto.
Ricciotti Lazzero è venuto a mancare il 16 dicembre 2002.
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