INTRODUZIONE

Presentando la ricerca e la pubblicazione di uno storico su "Como dal fascismo alla resistenza" mi chiedevo se la fisica geografica dei messaggi estremi incisi sulle lastre del monumento alla resistenza d'Europa, eretto in riva al nostro lago, avrebbe conservato nella memoria della nostra società l'interrogativo di Pier Amato Perretta: "Questa tremenda esperienza ha giovato a qualcosa? S'impone una rieducazione profonda e costante; altrimenti, nemmeno questa lezione servirà".
Non da oggi, la "modernità liquida" che contrassegna gran parte del vivere attuale in cui nulla è fisso, e tutto è mutevole; una storia che sembra priva di direzione e dove la biografia pare registrare soltanto progetti di interesse mercantile; la temperie in cui, agli occhi di non pochi, il richiamo del primato dell'etica e la riflessione sulle cause delle drammatiche esperienze del secolo ventesimo - il "secolo delle ideologie assassine", l'ha definito un autore inglese - sembrano visitatori importuni; tutto ciò parrebbe deporre per la risposta negativa. No, non è servita.
Tuttavia, le risorse segrete della vita sanno anche generare anticorpi ai virus dell'oblio, della indifferenza, del cinismo. E' di qualche giorno fa, ad esempio, l'attribuzione del premio Nobel per la letteratura a Imre Kertesz, autore di un romanzo memorabile, vero monumento all'uomo, fondato sull'esperienza di un ragazzo nel campo di sterminio di Auschwitz.
"Capire ciò che è successo. Non conta soltanto il che cosa, cioè la nuda successione degli avvenimenti, ma anche il come è potuto succedere", ha risposto Kertesz, a chi lo intervistava. Questo è il punctum crucis: capire; e fare aggio sulla lezione dell'ancora recente diluvio sanguinoso di quella storia e delle altre non meno drammatiche che le sono succedute ad onta della solenne proclamazione dei Diritti Universali della persona, per concorrere alla costruzione di un'altra storia.
Dove sono le nostre responsabilità? In che abbiamo mancato, o manchiamo, verso di noi e verso gli altri, nel dare credito alla verità? Quando e perché abbiamo forse trascurato o rinunziato al dovere di cercarla e di difendere la sua fragilissima essenza, di trasmettere la conoscenza?
Da venticinque anni in Como, l'Istituto di Storia Contemporanea intitolato alla memoria del Giudice Pier Amato Perretta, scruta archivi, ricerca documenti, somministra informazioni, si adopra per la incessante ricognizione delle condizioni di uno dei periodi più bui della storia politica e per taluni spezzoni, più luminosi, di quella civile. Sulla scacchiera della città è un minuto ma tenace e aggiornato custode del dovere di conoscere e di comprendere. Capire: affinché la consapevolezza delle radici dei drammi vissuti costruisca condizioni tali da impedire che essi possano ripetersi, qualsiasi forma assumano.
Non fosse che per questo, alcuni di noi sanno di avere un debito di riconoscenza verso i silenziosi operatori dell'Istituto.

Como, 14 ottobre 2002 Antonio Spallino

 
 

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